Il cibo è soprattutto storia, cultura, convivialità. Un'interessante articolo della nostra socia AINC Deborah Di Agostino
Il Seder di Pesach, in ebraico “ordine”, è quello che comunemente conosciamo come pranzo di Pasqua, o meglio, cena, perché in origine la Pasqua ebraica si festeggiava a cena.
La Pasqua cristiana ha, infatti, le sue radici in quella ebraica, in cui si ricorda l’esodo del popolo liberato dalla schiavitù dell’Egitto. Ancor prima, però, questa festa era legata alla vita dei pastori ed era una festa primaverile.
Gli alimenti che compongono il pasto pasquale hanno in sé, ognuno, un carico di significati che attraversano tutta la storia dell’uomo. Vediamo quali sono questi alimenti e perché sono stati scelti:
-il pane azzimo, matzah, ricorda la fuga frettolosa del popolo ebreo dall’Egitto, che non ebbe il tempo di far lievitare il pane e impastò delle focacce fatte con acqua, farina e sale; - il sedano, karpas, rappresenta il frutto della terra, viene intinto nell’acqua e le goccioline che cadono sulla tavola ricordano le lacrime versate in Egitto.; - le erbe amare (lattuga, indivia, scarola e cicoria), maror, sono il simbolo dell’amarezza della schiavitù; - la salsa karoset, fatta con nocciole, fichi secchi, arance e miele, rappresenta il ricordo della malta con cui gli ebrei impastavano i mattoni durante la schiavitù; - l’uovo sodo, beitza, ha un doppio significato.
Il primo è esaltazione della vita, nel senso della continuità e del passaggio da una generazione all’altra e con esso la trasmissione di tradizioni e insegnamenti dai padri ai figli. Con l'altro significato, invece, si vuole sottolineare un ricordo triste, ovvero l’uccisione dei primogeniti d’Egitto per piegare la volontà del faraone, che non voleva lasciare libero il popolo ebreo. In altre parole, è il ricordo di un dolore passato in un momento di festa;
-la carne arrostita, zeru’a, o zampa arrostita di capretto è il simbolo del sacrificio pasquale del popolo che si accingeva ad uscire dall’Egitto;
- quattro calici di vino che vengono innalzati in ricordo della consacrazione della Pasqua, della liberazione del popolo ebreo, dell’agnello immolato per segnalare all’angelo della morte le case degli ebrei, e infine, in ringraziamento a Dio per aver scelto il popolo ebreo come popolo eletto.
In questo senso, la cena di Pasqua assume anche un valore pedagogico, in quanto il padre di famiglia, durante il pasto, spiega il significato di ogni elemento con una profonda gratitudine a Dio, che come è intervenuto nella liberazione dalla schiavitù antica, libererà l’uomo dalle schiavitù successive.
Non ha, quindi, solo la funzione di trasmettere la storia in sé, ma anche e soprattutto di insegnare come agire da persone libere e come utilizzare la propria libertà.
Il filo conduttore dalla Pasqua ebraica a quella cristiana è la venuta di Gesù, il suo sacrificio, che si ricorda nella cena con il simbolismo dell’agnello pasquale, con cui si passa dalla antica alla nuova alleanza, dal Vecchio al Nuovo Testamento.
Studiare e approfondire l’origine di certe tradizioni è molto interessante, perché dal passato si può sempre imparare, soprattutto in un momento particolare come quello che stiamo vivendo. Forse come mai quest’anno abbiamo tutti la necessità di vivere la Pasqua come rinascita, come una primavera che arriva dopo un periodo di buio, di incertezza. Se il cibo può aiutare a vivere questa rinascita, ben venga!
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